

Il potere curativo della musica
“Candlelight” di Rino Capitanata è un brano in Omaggio, un gesto di gratitudine che diventa un passaggio segreto verso la nostra interiorità. Non è solo musica: è un invito a rientrare nel luogo più vero di noi, quello in cui la quiete non è assenza, ma presenza viva.
Fin dalle prime note si avverte quel tocco delicato e insieme profondissimo che appartiene a Capitanata: una sorta di rituale dell’anima che non vuole stupire, ma sciogliere.
Le vibrazioni sembrano nascere da uno spazio sospeso, quasi sacro, dove ogni suono accende una piccola lanterna nelle zone più intime del sentire.
La melodia si muove come una fiamma lenta: non urla, non pretende, ma illumina. È una fiamma che contiene una forza silenziosa, capace di evocare immagini di pace, quelle immagini che arrivano quando finalmente smettiamo di controllare tutto e permettiamo alla vita di fluire. Un fluire morbido che avvolge, rassicura, ci riporta nel centro di noi stessi.
L’incontro tra piano e atmosfere eteree è calibrato con la discrezione di chi conosce i movimenti dell’inconscio: ogni nota sembra posata per condurre l’ascoltatore a un luogo di raccoglimento, quello spazio in cui l’anima si riposa e ritrova la sua forma naturale.
“Candlelight” non riempie il silenzio: lo eleva.
Trasforma una stanza qualunque in un piccolo tempio interiore, uno spazio dove chiudere gli occhi e lasciare che la luce morbida della musica ci attraversi, come una carezza terapeutica che non ha bisogno di parole.
C’è una grazia sottile in questa composizione, la grazia delle cose che non vogliono nulla e proprio per questo danno tutto. È per questo che il brano diventa esperienza: una meditazione spontanea, un momento raro di riconnessione con quella parte di noi che spesso rimane nascosta sotto il rumore del mondo.
In un tempo che corre senza sosta, “Candlelight” rallenta, respira, e ci ricorda di fare lo stesso.
È un piccolo gioiello di luce, un omaggio che continua a brillare dentro anche dopo l'ascolto.















